Dirty Deeds - Verità scomode: i drammi samoani sono il meglio della Bloodline



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Dirty Deeds - Verità scomode: i drammi samoani sono il meglio della Bloodline
Dirty Deeds - Verità scomode: i drammi samoani sono il meglio della Bloodline

Ammettiamolo senza giri di parole: ci siamo sbagliati. Ma esistono situazioni in cui sbagliarsi fa particolarmente piacere, e questo è il caso di ciò che la WWE ci ha proposto nel finale di Night of Champions. Con un'ulteriore piacevole sorpresa: è avvenuto non a show finito, ma prima ancora che il main event raggiungesse il suo culmine. E la ragione è presto detta: le dinamiche interne alla Bloodline continuano ad evolversi in maniera stupendamente scritta. E ciò che hanno portato Roman Reigns, Jey Uso e questa volta soprattutto Jimmy Uso sul ring di Jeddah faranno discutere a lungo.

Una settimana fa avevamo provato ad analizzare ciò che l'assalto ai titoli di coppia da parte di Roman Reigns & Solo Sikoa avrebbero potuto generare. La nostra idea era che il Tribal Chief fosse destinato a restare da solo (nessun gioco di parole con Sikoa, in questo caso). E che lo sarebbe stato anche nel caso in cui avesse aggiunto altre due cinture al suo attuale palmarès. Non è successo, e sicuramente è un bene. Basta vedere come Sami Zayn è stato accolto in Arabia Saudita per capirlo (onore al merito a tutti, ai fan locali, alla WWE e soprattutto a lui). Concentriamoci però soprattutto sulle dinamiche che Night of Champions ha portato avanti tra i samoani.

Gli Usos e quello strappo venuto meglio del previsto

Il tanto atteso strappo alla fine è arrivato, forse anche in anticipo rispetto alle previsioni. Ciò che ancora una volta ha superato le aspettative è stato il modo in cui la WWE lo ha presentato. L'inizio, diciamolo, prometteva relativamente male: il pretesto, infatti, era vecchio come il wrestling. I due reietti della Bloodline, sotto pressione da quasi due mesi, sono intervenuti dopo la canonica, "casuale" spear di Roman Reigns sull'arbitro Dan Engler e un canonico, "casuale" doppio Superkick rifilato "per sbaglio" a Solo Sikoa invece che a Sami Zayn. Da lì in poi, però, è iniziato lo show.

Se infatti Roman Reigns ha ovviamente visto solo quest'ultimo, andando inevitabilmente a brutto muso contro i due cugini, è stato ciò che hanno portato sul ring gli ultimi due a rubare la scena. Chi ha definitivamente perso le staffe, strappando una pagina dal repertorio di Sami Zayn (alla Royal Rumble 2023, per la precisione) è stato stavolta Jimmy Uso. Lui è intervenuto, ai danni del Tribal Chief che stava peraltro bullizzando Jey, e lo ha steso con l'immancabile calcione sul grugno. Ma non è stato questo il momento migliore del segmento.

La Bloodline vista dagli occhi di Jimmy Uso

Ciò che abbiamo visto in seguito, infatti, è stato il dramma emotivo non tanto di Roman Reigns, quanto degli Usos. Jey, infatti, è rimasto sconvolto quanto i residui componenti della Bloodline per ciò che era appena avvenuto. Jimmy, che non dobbiamo dimenticare che è da tre anni che volente o nolente è l'ombra del fratello, gli ha però urlato in faccia non solo che questa era la scelta migliore da prendere, forse l'unica. Ma anche che Jey avrebbe dovuto prenderla da tempo.

Per capire la profondità di tutto questo dobbiamo riavvolgere non uno, ma parecchi nastri. Jey Uso fu il primo ad aderire alla Bloodline, non prima di affrontare Roman Reigns in due strepitosi match titolati visto che in quel lontano autunno 2020 "non riconosceva più" il cugino. Tornò quindi Jimmy, a sua volta riluttante ma che fu progressivamente convinto (anche) dal gemello. Tre anni dopo proprio Jey era il più scettico nell'accogliere Sami Zayn come Honorary Uce, salvo diventare nel tempo il migliore amico samoano per il canadese. E il suo strazio dopo la Rumble fu evidente. E Jimmy? Era sullo sfondo.

La svolta che può far tornare Roman Reigns interessante

Ora a smuovere le acque è il protagonista meno atteso, che però sta toccando le corde giuste del fratello per arrivare al punto che tutti aspettano. Uno sviluppo contemporaneamente telefonato e completamente sorprendente, perché finalmente un po' più elaborato dal punto di vista psicologico rispetto a tante occasioni sprecate da ormai troppi mesi. E ora il cerchio si può definire finalmente chiuso, dopo i disastri iniziati nel 2022 a Day 1 e che trovarono il picco massimo a WrestleMania 38. Dalle successive Survivor Series, infatti, la WWE non ha sbagliato un colpo nella scrittura delle vicende della Bloodline. E ce lo ha dimostrato ancora una volta.

Basti pensare ai tempi in cui Roman Reigns era interessante: all'inizio di questa run da campione lunga ormai 1000 giorni. Nei primi 6/8 mesi funzionava eccome, perché non era solo un superuomo imbattibile, ma un tiranno che doveva barcamenarsi tra una miriade di drammi. Guarda caso, ora che la storia è tornata centrale, come nel 2020, il tutto è tornato ad essere piacevole. Sappiamo che finirà, non vediamo l'ora di vedere come. E dire che era tanto facile: bastava togliere spazio al dominio del Tribal Chief e tornare a concentrarsi sui drammi samoani.

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