The Prizewriter - Esodo del Wrestling



by   |  LETTURE 3007

The Prizewriter - Esodo del Wrestling

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  • Shane Thorne/Slapjack
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  • Johnny Gargano
  • Kyle O’Ryley
  • Jeff Hardy
  • Toni Storm
  • Samoa Joe

(In grassetto i nomi di chi ha già raggiunto la federazione d’Elite)

Questo non è il roster di una federazione, non ho paura di dirlo, forse qualitativamente superiore a tutti i roster che attualmente ci offre il prodotto WWE. Almeno dal punto di vista della competizione maschile.

Questa lista, in preoccupante e continuo aggiornamento, è solo una parte di  tutti coloro che  sono più in WWE, da aprile 2020 in avanti. Poco più di un anno e mezzo.

Varie sono le motivazioni in seno a questo esodo, ogni Superstar - non uso il termine a caso - ha la propria storia (o più facilmente no, visto che siamo in WWE), ed i motivi per i quali ora non si trova più in federazione posso essere diversi.

Magari non si credeva più in loro, o forse non si è mai creduto in loro; possibile abbiano commesso errori; o fosse loro volontà quella di andarsene, per chiudere con l’enterteinment – anche qui non termine casuale - o proprio con il wrestling; o in ultimo una manovra da parte dei piani alti della federazione di taglio del personale per alleggerire i propri bilanci.

Tutti questi allontanamenti meriterebbero un ragionamento a parte, ma ne vedranno fare alcuni più in generale.

Cosa sta succedendo in casa WWE?

Per rispondere a questo quesito occorre andare indietro, e fare un altro tipo di ragionamento?

Cosa succedeva in WWE?

Succedeva che l’unica federazione con visibilità globale si è accaparrata senza logica creativa alcuna, d’altronde questa sconosciuta nell’operato del colosso del wrestling globale, qualunque talento o presunto tale da ogni roster globale di piccole federazioni indipendenti, o da quelle morenti che ha inglobato o fatto fallire.

Tutto ciò come un divoratore di mondi, che aveva come unica volontà quella di fagocitare ogni concorrenza, o semplicemente fare dispetto a tutte le altre compagnie al mondo.

Nel farlo ci ha illusi, perché per un po’ non sembrava più che ciò che valesse fosse la stazza, o la presenza scenica. Sembrava che si potesse andare oltre i canoni che da sempre muovono il colosso mondiale del wrestling, ossia la vendibilità. Di un volto, di un corpo, di un evento. Globalmente.

E allora nasceva in seno al colosso dell’enterteinment un roster di Wrestling, che ci ha regalato fra le migliori perle dell’ultimo decennio, almeno in WWE. Stiamo parlando ovviamente di Nxt. Una strategia fortemente ammiccante ai fans smartoni come noi, in continuo aggiornamento. Che chiediamo a gran voce: trame lineari, focus principale sul lottato, match settimanali buonissimi, ppv da capogiro. Ed NXT sino ad un certo punto, nonostante quell’aura da luogo di passaggio, che però sapeva sempre rinnovarsi in un buon modo, ha saputo rispettare le nostre aspettative. È riuscito nell’impresa di farci innamorare di molti performer, di farci affezionare al suo tipo di prodotto.

Ma un solo problema si celava dietro a tutta questa storia. L’incompatibilità di ciò con le dinamiche da main roster. Le promozioni scellerate ed in controtendenza allo script in atto, personaggi che venivano azzerati o cancellati, streak venivano interrotte. E quasi tutti fallivano, e quasi tutti hanno fallito. Alcuni vivacchiano ancora in federazione, altri hanno trovato posto su quella lista di cui sopra, altri pochissimi hanno raggiunto il main event, ma non sono di certo i protagonisti. Ma questo probabilmente lo sapevate già.

Sembrava tutto molto bello, ma dannatamente fine a sé stesso.

Tutto questo sino ad un momento cruciale.

La nascita di una concorrenza

C’è chi ha saputo dire di no, chi ha rifiutato offerte allettanti di annessione a un prodotto che non sentiva vicino a sé, e chi nel frattempo già allontanato, ha chiamato a sé i propri simili. Una storia partigiana da puro libro fantasy, la contrapposizione a una tirannia che sembrava inscalfibile, ed invece ora ha trovato un nemico che le fa da contraltare, sul terreno meno congeniale alla federazione dei McMahon: il Wrestling.

La AEW lungi dall’essere perfetta ha creato un’alternativa, così forte che la stessa WWE le ha lasciato campo libero sul suo terreno, prima schierando i ranghi di NXT apertamente contro di lei, poi, constatata la sconfitta, ha fatto che scioglierli.

Adesso venire licenziati, o andarsene dalla federazione di Stamford può essere addirittura un obbiettivo da chi non si sente valorizzato lì, e finalmente ha un‘alternativa, e anche i fans l’hanno, consci che non è l’oasi protetta del wrestling made in Stamford, lungi perpetrare le stesse dinamiche all’infuori di quella.

È un punto di arrivo, un obbiettivo. 

Ma tornando invece alla WWE. Cosa significa questa manovra?

Innanzitutto che tutti i nomi non sono grandi abbastanza per essere anteposti al valore della compagnia, oppure detto in altri termini, che non si guarda in faccia nessuno quando c’ è da fare determinate scelte. Economiche, creative, commerciali.

E allora licenziati abbiamo ex campioni mondiali, gente che è stata appena promossa dal main roister, gente in faide titolate, gente che pareva in rampa di lancio e non solo più chi non veniva usato in modo alcuno.

E poi abdicare il terreno del wrestling tecnico in favore dello sport spettacolo potrà essere la scelta giusta? Lasciare campo libero, e fior fior di nomi ai rivali pagherà?

Non si sta forse sottovalutando la portata di ciò che significa questa nuova rinascita del Wrestling?

E soprattutto si sarà in grado di creare da soli quelle star di cui si sente il bisogno da tempo senza andarle a pescare da un bacino di utenza già testato come quello delle federazioni indipendenti, invece creandoselo da soli, pescando anche da altri sport e discipline?

NXT 2.0 si configura come una brutta copia dei programmi del main roster, e se comunque qualche individualità spicca, non sembra una buona risposta a questi quesiti.

Ma tornando a quei nomi, e a quelle realtà, quanti rimpianti ci potranno essere in seno alla famiglia McMahon per essersi lasciati scappare questi performer, magari non grandi grossi e bellocci, ma comunque hell of a competitors?

Solo il tempo saprà dirci, consegnarci un verdetto. Intanto se non ci godiamo più NXT ma a suo posto Dynamite, e continuiamo ad arrabbiarci per le castronerie del main roster, senza più show oro e nero.