Nel mondo del Wrestling le storie di vita sono molteplici.
Si passa dalla redenzione, al fallimento. Alle vette più luminose segue la discesa negli inferi dell’abbandono.
Nessuno sapeva raccontare questa alternanza di destini meglio di Bray Wyatt.
31 Luglio 2021.
Questa storia è arrivata al capolinea.
Con un comunicato che precede ogni indiscrezione la WWE ha liquidato Windham Rotunda.
Un fulmine a ciel sereno.
Cala il sipario sulla carriera di un genio, troppe volte incompreso, o peggio inascoltato.
Sì, perché se si pensa alla carriera di Windham, il primo sentimento che viene a mente è quello del rimpianto. Quello che sarebbe potuto essere (il nuovo Undertaker?).
Rimpianto per non avere creato una legacy abbastanza distruttiva e trionfante quanto la ricchezza del suo personaggio avrebbe meritato, per incapacità di gestirne il talento.
Sin dagli esordi, e dalla faida magistrale con John Cena. Una delle più intense della carriera di Bray.
Quando tutto il pubblico intonava il canto del divoratore di mondi, e i suoi sproloqui da predicatore invasato producevano pelle d’oca da adulazione e paura, nel sentirli così abilmente decantati da quel pazzo.
Un cantastorie, un visionario, un poeta. Pare proprio che la penna di Bray fosse l’autrice di quei cantici della disperazione.
Nessuno come lui nella storia del Wrestling ha messo così insieme bene superstizione, oscurità, disordine mentale e arte.
Il giovane guru arriva anche di fronte a quella che è ormai l’ombra dell’Undetaker. Un guscio consumato, stanco, rigido, del quale il giovine adepto dell’oscurità avrebbe dovuto farsi un boccone.
A lui serviva inglobare la storia del personaggio più oscuro di sempre nella storia del wrestling.
E invece il fiero pasto toccò a Lesanr prima, e a Reigns dopo.
Intanto Bray continua nel suo act, ma sempre con meno convinzione, non tanto sua, ma della dirigenza nei suoi confronti. Lui è quello che perde sempre.
Le mille sconfitte, quelle contro Reigns ed Ambrose, quelle che lo portano a sembrare sempre più un dispensatore di parole vuote, un seduttore ed accusatore, ma che non riesce a distruggere.
E poi così tanti attacchi casuali che è difficile se non impossibile ricordarsi quali fossero le vittime. Molte volte non portarono a nulla.
Nel frattempo i suoi discepoli si danno il cambio, chi si allontana, chi ritorna.
Rowan, Harper, Strowman.
Mentre permane l’assenza della tanto decantata Sister Abigail. Entità che l’accompagnerà per tutto il primo stint, senza, forse per fortuna, mai trovare vera e propria personificazione.
Aumentando la sensazione di inconcludenza nell’opinione dei fans.
Poi avviene l’inaspettato. La Brand extension.
Smackdown Live è la sua risurrezione.Torna over in pochissimo tempo, e vince un’esaltante Elimination Chamber, finalmente laureandosi campione dopo anni, sempre contro Cena, reduce dall’ultima grande faida condotta da wrestler attivo, contro AJ Styles.
Sarà l’inizio del regno del terrore di Wyatt?
Inspiegabilmente il momentum del divoratore di mondi appena nato inizia subito a venire smantellato, a senso unico, da un Randy Orton (la sua piu grande bestia nera), che fa esattamente quello che avrebbe dovuto fare Wyatt nei suoi confronti, lo seduce, lo abbandona, e poi lo distrugge.
Con tanto di umiliazione sia nel vedere la casa nella palude bruciare, sia nel vedere il titolo appena conquistato perso a WrestleMania. Tutto questo per cosa? Un veterano che abbatte l’ascesa di un nuovo interessantissimo prospetto per dare il regno a Jinder Mahal, affossando prima Wyatt e poi Orton in due colpi.
Il punto piu basso quando viene congiunto con un personaggio pateticamente delirante, senza più quella poesia, e poi vede il suo character inabissarsi, come fece veramente nel lago di Hardy.
Cosa ne sarà di Bray dopo tale perdizione?
Si vede tutta la sua versatilità ed inventiva perché dalle ceneri di un personaggio sontuoso, ma fallimentare in termini di risultati (una delle basi del wrestling, se perdi potrai avere anche il character figo, ma rimani un loser), nascerà poi il disturbo dissociativo dell’identità più famoso della storia del wrestling (sì, veramente la gimmick di Wyatt è la rappresentazione di una psicopatologia).
The Fiend e il sorridente ragazzone della casa delle lucciole.
Due personaggi nuovi di zecca, l’uno rappresentante la parte piu umana e innocente di Bray, l’altra come l’oscuro male interiore destinato ad emergere.
Con tutti i riferimenti velati alla sua storia on screen (in realtà mai ci ha parlato di realtà Bray, solo di finzione, e questo forse ci piace di lui, con i pupazzi, e le vignette, con parole dolci ma taglienti, i riferimenti satirici, e la brutalità del Fiend. Anche qui il favore della folla è impressionante e diventa subito uno dei personaggi più appassionanti.
Un’ascesa questa volta repentina, un’aura di indistruttibilità data la invulnerabilità di una quindicina di Curb Stomp per citare l’esempio piu clamoroso che lo porta a diventare in frettissima campione universale. Se vogliamo soprassedere la brutta parentesi dell’Hell in a Cell contro Seth Rollins terminato in no contest, e la vittoria del titolo in Arabia Saudita.
Da lì inizia a crescere l’aura di imbattibilità del Fiend.
Un personaggio finalmente temibile e apparentemente inscalfibile destinato a dominare per anni con il suo alter ego gentile.
Anche qui, a ciel sereno, la federazione si diverte a gettare alle ortiche tutto per sacrificarlo sull’altare di… Goldberg. E fare vincere il titolo a Strowman, che poi lo riperde subito contro Wyatt, non guadagnando di status, per poi venire licenziato, quindi a che pro?
In tutto quel lasso di tempo Wyatt potrebbe essere stato campione dominante. Con molta facilità. Ed aumentare il valore della cintura che ha ereditato da lui Roman.
Anche se almeno così abbiamo potuto vedere finalmente una rivincita con Cena in quel capolavoro senza sequel del Firefly FunHouse Match.
Il prezzo da pagare è stato quello di sacrificare un personaggio dall’aura imbattibile sull’altare di un part timer. E poi ci si stupisce sul perché non si stiano affermando nuovi main eventer. Quanto è faticoso creare e tenere al top un personaggio (esempio Reigns), e invece quanto basta poco per annichilirlo…
Ecco dopo nulla dalla riconquista del titolo universale si doveva lanciare il Tribal Chief, e per questo Wyatt è stato di nuovo sacrificato senza problemi.
Forse problemi extra ring lo iniziano a far meno presente.
Fino alla faida finale contro la sua nemesi, insieme ad Alexa, in un’accoppiata intrigante che li ha visti raramente insieme, e questo fa crescere il rimpianto perché quanto avrebbero potuto dare?
E quanto hanno dato in quel poco che abbiamo visto, al netto delle scempiaggini del booking demenziale.
Tutto visto a posteriori è oltraggioso.
Wyatt che viene bruciato vivo. Come lo era stata la sua casa. Perde l’inferno match, e poi a WrestleMania viene tradito da Alexa, ancora senza spiegazioni, perde di nuovo contro Randy.
Un conteggio impietoso, la fine di The Fiend, e poi scopriremo purtroppo di Bray Wyatt in toto.
È palese l’accanimento della federazione nel rovinare il suo momentum, a favore di nessuno poi. Semplicemente scelte afinalistiche, volte forse proprio, essendo malpensanti, a ridimensionare il valore dei risultati del performer, disorientati dalla possibile gestione creativa .
In tutto questo si va a perdere così uno dei plusvalori assoluti della federazione di Stamford, non vogliamo dire per colpa esclusiva della federazione, perché potrebbero avere giocato un ruolo importante anche la mancanza di idee su come portare avanti il character, o la poca motivazione di Windham a continuare.
Un vuoto che difficilmente sarà colmabile, e un talento creativo che si va così a rendere disponibile per la concorrenza, o per il post wrestling, senza mantenere ancora alcun contratto.
Si parla qui, oltre che di una mente feconda di idee malate e geniali, anche di un fantastico interprete, sia dal lato attoriale, in cui potrebbe benissimo essere definito il migliore della sua generazione, ma anche da un troppo spesso bistrattato in ring QI, e una mai insufficiente prestazione dal punto di vista squisitamente tecnico e di selling.
Amarcord:
Mi sento come nel gennaio 2014, il momento più buio della storia del wrestling per il sottoscritto, quando Punk ci salutò.
Il personaggio che più avevo amato era destinato a scomparire, sconfessando il suo amore per la disciplina.
Andare avanti fu difficile, i primi show dopo la sua dipartita furono un misto di nostalgia, rassegnazione, e speranza che fosse solo un incubo.
Ma una fiammella rimaneva sempre accesa nel sogno… Quella di un nuovo salvatore, qualcuno che valesse la pena idolatrare. Poco prima faceva il suo esordio quello che lo avrebbe poi sostituito…
E adesso potrebbe tornare in nuovi territori proprio colui che Bray aveva sostituito nel mio cuoricino.
Le vie del wrestling sono infinite.
Scusate questa ultima parte che rasenta il mark.
Chi vivrà vedrà dove Windham, e il suo meraviglioso teatrino di personaggi potranno avere il giusto palcoscenico.
Intanto grazie per quello che ci hai dato, Bray Wyatt.